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13 de Marzo, 2012 · General

Francesco Merlo di Repubblica e gli stereotipi su Cuba e omosessualità


Fresa_y_ChocolateSono passati cinque anni da quando Francesco Rutelli tenne banco sui media inventando di sana pianta che a Cuba ci fosse la pena di morte per gli omosessuali. Oggi in un editoriale su Repubblica, Francesco Merlo accomuna Fidel Castro nell’omofobia a Vladimir Putin, Aleksandr Lukašenko, Silvio Berlusconi e Angiolino Alfano.

di Gennaro Carotenuto

Merlo non fa onore all’arguzia della sua penna già che il riferimento a Fidel Castro e a Cuba è, oramai da un quarto di secolo, muffa, pregiudizio e diffamazione. Cuba –conoscendola- può essere criticata per mille cose. Ma i suoi detrattori si concentrano a negarne soprattutto le evoluzioni e la capacità di cambiare ed essere diversa rispetto agli stereotipi negativi con i quali viene descritta.

Cos’altro dovrà fare Fidel Castro per essere depennato dalla lista degli omofobi in servizio permanente effettivo? Dopo aver ammesso pubblicamente che negli anni ’60 la Rivoluzione commise contro i gay "una grande ingiustizia"? Dopo aver esplicitamente ripudiato gli UMAP, i campi di lavoro dove negli anni ‘60 venivano “rieducati” i giovani omosessuali? Dopo che oramai da 24 anni la legislazione cubana è stata depurata da ogni discriminazione per preferenza sessuale? Perché Merlo usa la fotografia del Fidel attuale, quasi novantenne, e non semmai quella del Castro quarantenne che probabilmente piaceva anche a lui?

Nella cultura della sinistra rivoluzionaria del Novecento, il maschilismo faceva il paio con il militarismo nell’arretratezza sull’omofobia. Le frasi omofobe attribuite a Fidel Castro o Ernesto Guevara possono essere attribuite a quasi chiunque, nato nella prima metà del Novecento, imbracciasse un fucile per una buona causa. L’omofobia era parte dell’esaltazione della virilità in un contesto nel quale il socialismo privilegiava sempre rapporti di produzione e nazione su questioni di genere e discriminazioni. L’uomo nuovo socialista era innanzitutto virile nel suo sforzo sovrumano di cambiare rapporti di produzione ingiusti. Non emenda gli UMAP ma quando a Cuba si rieducavano gli omosessuali (la pena di morte è un’infamia tutta rutelliana) la massima organizzazione mondiale di psichiatri ancora considerava l’omosessualità come una malattia mentale. Ricorda Merlo che perfino nella liberalissima California la sodomia smise di essere reato solo nel 1976 e che in una ventina di stati USA fino al 2003 ancora era previsto il carcere? Non a caso le battaglie per i diritti civili sono altro rispetto alla lotta di classe e alla lotta anticoloniale e Merlo è troppo colto e intelligente per non saperlo. La storia è andata avanti, non scusa per gli errori passati ma non può neanche essere epurata –come un film senza finale- da quanto è successo dopo. Forse a Merlo serviva solo un altro cattivone a caso da mettere con Putin e Lukašenko e ne ha preso uno, Fidel, la critica acritica del quale, per il centro-sinistra italiano, è passaggio necessario per essere introdotti nei salotti buoni.

La "legge di ostentazione pubblica" che discriminava gli omosessuali a Cuba, fu introdotta negli anni ’30 e cancellata nel 1988 quando a Cuba c’erano ancora in giro i sovietici e al governo c’era proprio Fidel Castro. Ovvero l’omofobo Castro è anche quello che l’omofobia di Stato ha cancellato. Quella cancellazione, 29 anni in ritardo rispetto alla Rivoluzione, racconta di un dibattito politico nell’isola che dura dalla fine degli anni ’70. Non solo, Cuba, che piaccia o no a Francesco Merlo, ha politiche pubbliche di lotta all’omofobia dall’ormai lontano 1995. Francesco Merlo ricorda che non è per colpa di Fidel Castro, e neanche di Angiolino Alfano, che in Italia è un tabù qualunque sanzione contro discriminazione, atti di omofobia o incitamento all’odio sulla base dell’orientamento sessuale mentre a Cuba tali politiche esistono? Merlo ricorda che in Italia, quando bande di fascistelli vanno a menare “i froci”, non sono previste aggravanti? E non sono previste aggravanti per quel bizantino equilibrismo che impedisce alla sinistra (il gioco di Merlo è di spiegare che i matrimoni gay sono anche di destra) di differenziarsi dalla destra per non dispiacere l’altra sponda del Tevere che non solo non vuole matrimoni, pacs, dico e quant’altro, ma è perfino preoccupata di non poter minacciare dall’altare il fuoco dell’inferno ai sodomiti finendo per colludere con i fascistelli di cui sopra.

È possibile che le memorie di Reinaldo Arenas, lo scrittore perseguitato come omosessuale negli anni ’60, uscito da Cuba con i marielitos nell’80 e morto in esilio di AIDS ormai 22 anni fa, vengano arbitrariamente usate per descrivere la Cuba attuale? Nel 2013 saranno vent’anni dall’uscita di "Fragola e Cioccolato". Vent’anni fa a Cuba, un regista "di regime" come Tomás Gutiérrez Alea (fossero tutti così i registi o i giornalisti di regime!) girava un successo mondiale della cinematografia denunciando le difficoltà di un omosessuale nella Cuba degli anni ’70. Lo facevo dalla distanza di 15 anni dai fatti e di un dibattito politico e sociale che nell’isola (e anche nell’evoluzione personale del vecchio Fidel) era andato nel frattempo enormemente avanti. Due anni dopo quel film, nella conferenza internazionale di Pechino, Cuba fu l’unico paese latinoamericano a votare esplicitamente contro ogni discriminazione per preferenza sessuale. Si può glissare su tutto ciò?

Cos’altro dovranno fare a Cuba visto che l’isola è stato uno dei primi paesi al mondo a considerare il cambio di sesso come completamente gratuito e offerto dal servizio sanitario nazionale, e visto che a Cuba è in discussione in Parlamento il matrimonio omosessuale, o in subordine l’unione civile, che nel Parlamento italiano è tuttora un tabù e del quale non si deve parlare neanche per la presidente del Partito Democratico, Rosi Bindi? Allora, cos’altro deve fare Cuba (e la Rivoluzione cubana) perché venga riconosciuto che in questi anni abbia saputo emendare la propria omofobia di Stato, eliminato leggi discriminatorie e introdotte altre che quelle discriminazioni combattono? Che colpa ne ha Cuba se in Italia abbiamo Alfano e Bindi, Berlusconi e Rutelli? Anche nel criticare Cuba ci vorrebbe un po’ di onestà intellettuale.

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22 de Enero, 2012 · General

Nancy Robinson Calvet

 
La periodista y poetisa Nancy Robinson Calvet, quien por más de medio siglo pasó por las redacciones de Granma, Trabajadores y Radio Reloj, falleció en la noche del viernes en La Habana, tras agónica enfermedad.

Graduada de la Escuela Profesional de Periodismo Manuel Márquez Sterling dio cobertura, principalmente, a la información cultural, de la cual devino en crítica y especialista. Entre sus éxitos periodísticos estuvo la entrevista que le hiciese al afamado pianista y cantante estadounidense Nat King Cole en 1956 cuando visitó La Habana en momentos en que sus discos, junto a los de Frank Sinatra, encabezaban la lista de los más vendidos en Estados Unidos y Cuba.

Tras el triunfo de la Revolución  trabajó en la ex Unión Soviética como traductora y, al retornar a la patria, prosiguió ejerciendo el periodismo

Durante varios años en las páginas del periódico Trabajadores publicó la sección en décimas Retrato en Vivo, la que luego pasó a la emisora Radio Reloj con el nombre de Retrato Hablado, donde abordaba diferentes temas de la vida nacional e internacional.

Recibió numerosos reconocimientos en su vida laboral y social, entre ellos la Réplica del Machete del General Máximo Gómez.

En 1974 obtuvo el primer premio del concurso Rubén Martínez Villena, de la CTC, por su texto lírico Decimario Sindical a Lázaro Peña.

Según expresase en una entrevista con Trabajadores el pasado año, ella escribía con el corazón. Tal era su sensibilidad. 

Se caracterizó por su gran modestia, sencillez y un carácter afable y a la vez ocurrente, salpicado constantemente de un fino humor. 

La Presidencia de la Unión de Periodistas de Cuba hace llegar a sus familiares el más sentido mensaje de condolencia.

(Cubaperiodistas.cu)
http://www.cubaperiodistas.cu/noticias/enero12/20/13.htm?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter

                                                                        Lic. Rosa Cristina Báez Valdés "La Polilla Cubana"
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publicado por islanegra a las 16:42 · Sin comentarios  ·  Recomendar
 
13 de Diciembre, 2011 · General

Presentan novela de Luis Barroso en Morón

 

El sábado 17 de diciembre , dentro del marco de la jornada de actividades
literarias municipales, a las 20 hs, se realizará la presentación de la novela "La identidad de la serpiente", de Luis Barroso.
El acto se realizará en la Biblioteca Municipal  de Morón ( Brown 763, Morón).
Buenos Aires.

A las 17 se realizará la Entrega de Premios XVIII Concurso de Cuento y Poesía Leopoldo Marechal 2011. Presentación y entrega de la "Antología/9 XVII Concurso de Cuento y Poesía Leopoldo Marechal", que incluye a los ganadores del año 2010.  Poco después se presentará la 1° Antología de Talleres Literarios del Municipio de Morón (con lectura de sus participantes)

Luis "El Negro" Barroso, falleció el pasado 19 de abril. Escritor, Periodista, compañero incansable en la lucha por el socialismo, supo cultivar amistades profundas y ganarse el aprecio por su férrea honestidad y solidez intelectual. Dirigía la publicación "Perros sueltos". Su novela "La identidad de la serpiente" fue terminada y entregada al editor en febrero 2011, pocas semanas antes de su deceso. La presentación de su libro será una ocasión para recordarlo y celebrar su memoria y ejemplo de intelectual militante.

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30 de Septiembre, 2011 · General

Periodismo y literatura

 

en voz de Rosa Montero, Laura Restrepo y Elena Poniatowska

 

por Carlos Esteban Cana

 

Comentaba recientemente Javier Darío Restrepo, Director del Consultorio Ético de la Fundación para un Nuevo Periodismo Iberoamericano, ante un auditorio de comunicadores en Puerto Rico, que el periodista continúa siendo irremplazable, particularmente, por la calidad de su trabajo. En tiempos en los que los medios se sirven de avances tecnológicos, incluso para transformar roles tradicionales en la cadena de información, aquel periodista que haga entender lo que pasa, que ofrezca antecedentes y ponga en contexto los hechos, es siempre necesario, apuntaba el veterano periodista, experto en ética. Y es que el buen periodista, ese que renueva constantemente su compromiso de hacer pensar, explicar lo que sucede e interpretar la voz de las comunidades, se diferencia de inmediato con respecto a otros seudo-comunicadores que habitan los medios. Quizás ese perfil que destaca al verdadero periodista se debe a una ética personal y propia que desemboca en eso de ser persona. Bien lo ejemplificó Kapuscinski cuando título Los cínicos no sirven para este oficio al libro que se ocupaba sobre el buen uso del periodismo.  

 

A lo largo de mi experiencia como escritor y periodista cultural he reflexionado sobre los puntos de contacto entre la literatura y el periodismo. También he consultado las valiosas reflexiones del Dr. Eugenio García Cuevas (Periodismo crítico, cultura y literatura),  Jorge B. Rivera (El periodismo cultural), y Susana Rotker (La invención de la crónica). Por lo anterior, no tengo dudas acerca de los beneficios que esa relación simbiótica deja en quien aspira a crear mediante la  palabra. Hablo, por supuesto, de los que asumen su vocación literaria como un modo de vida. No de aquellos que pretenden hacer del oficio del escritor algo cercano a la farándula, con todo lo que eso implica. Pero dejemos que otras voces compartan algunas impresiones sobre los contactos entre literatura y periodismo. En este espacio escucharán las voces -porque leer es una forma de escuchar- de Rosa Montero, Laura Restrepo y Elena Poniatowska, tres reconocidas escritoras del orbe iberoamericano que se han desempeñado como periodistas. Estas impresiones se desprenden de diversos conversatorios en los que estas autoras han compartido con el público lector boricua.

 

Rosa Montero:

 

                              Para mí el periodismo es un género literario. Aunque en mi caso yo lo asumo como una profesión pero, sin duda, el periodismo escrito es un género literario. Si eres un director de periódico no, pero ser lo que yo soy que es reportera, hacer entrevistas, hacer crónicas, hacer reportajes, hacer artículos, pues eso es un género literario. Y puede ser tan grande literariamente como cualquiera de los otros: como la poesía, como el drama, como el ensayo y como la ficción. ¿No? Por ejemplo, A sangre fría de Truman Capote que es un pedazo de libro enorme, pues es un reportaje, puro y duro es un reportaje.  O sea, que desde ese punto de vista la cuestión es hacer bien el género. Claro, hay periodistas espléndidos y periodistas malísimos, como hay novelistas espléndidos y novelistas malísimos, y luego medianos, más medianos, menos… de todo. Incluso yo creo que hay periodistas que no son novelistas y que hacen periodismo literario, o sea, que eso es un género en sí. Es muy raro, además, el escritor que cultiva un solo género. Normalmente pues son, yo que sé, ensayistas y poetas, como Octavio Paz. Yo me considero una escritora que cultiva el ensayo, la ficción y el periodismo. Lo que pasa es que luego, dentro de lo que cultivas, cada uno tiene puesto el corazón en un lado. Y realmente donde está mi pasión es en la ficción, y el periodismo es mi trabajo y pertenece a mi ser social. Pero me estoy acordando ahora, por citar solamente un ejemplo clásico, de Larra que es nuestro escritor romántico español más importante y sólo hizo periodismo. No hizo nada más que periodismo. Un escritor que realmente lo sigues leyendo 150 años después y es delicioso y maravilloso.

 

Laura Restrepo:

 

                                  Hoy en día pues ya llevo diez años escribiendo novelas de ficción pero en ese momento, cuando escribí La isla de la pasión, mi único oficio era el de periodista (un oficio además interrumpido porque yo había tenido que salir al exilio, estaba en México) y tenía que basarme en reportajes, tal como mi oficio me lo indicaba y por eso la novela está basada en hechos reales. Es una novela, si se quiere, histórica. Ahora, ¿dónde termina la realidad y donde empieza la ficción? Y viceversa. Como periodista, cuando tú investigas, la realidad te da una serie de pautas, te da una serie de datos, pero tú te vas haciendo una composición del lugar que no necesariamente te la verifica o te la corrobora la propia investigación. Comienzas a buscar la pieza que te falta del rompecabezas y, sin embargo, tú tienes la certeza (trastornada, asunto de lógica) la idea de cómo debió ser. Como quien dice hay una pieza que falta pero el contorno de las piezas vecinas te dicen cómo es esa pieza. En el periodismo es contra la ética poner esa pieza ahí. Porque tú no tienes como respaldarla con los datos de la investigación. La ficción, en cambio, te permite hacer eso. Imaginar cómo pudo ser. Te da la licencia para completar.

 

Elena Poniatowska:

                                          Yo he escrito a lo largo de la vida libros de testimonios, que no son precisamente novelas. La noche de Tlatelolco es un libro de testimonio. Son las voces entretejidas de toda la gente que vivió o que fue testigo de la masacre de 300 personas en una plaza que se llama la Plaza de las Tres Culturas porque están ahí la cultura pre-hispánica, los restos de pirámides, la iglesia de Santiago Tlatelolco, colonial y los edificios muy modernos. Entonces es un libro de voces entretejidas, de gritos, de dolor, de gente que incluso huía de la plaza (que fue como una ratonera) y fueron balaceados por detrás. Porque llegaron a los anfiteatros y también a los hospitales gente que tenía heridas de balas en la espalda, en los glúteos, en las piernas, y que fue herida mientras iban corriendo, es decir, a mansalva, a traición, por detrás. Eso fue en el 68 y en ese año se celebraron las olimpiadas en mi país, entonces recuerdo mucho a una edecán, una niña de 23 años, preciosa, con apellidos alemanes, se llamaba Regina. Y esa niña, que la fue a recoger su padre en el anfiteatro, a la morgue, tenía a lo largo de toda la columna vertebral seis balazos, quiere decir que le dispararon seis veces, y tenía todo el pecho destrozado por balas expansivas que nunca se debieron utilizar. Entonces este crimen no es una novela, es un verdadero crimen sobre el cual quise hacer un testimonio. Pero los otros libros son de historia oral, como el del terremoto de 1985 que fue atroz pero que también da mucha esperanza por la fortaleza de la gente. Y otros como Fuerte es el silencio, también sobre como los paracaidistas toman las tierras en mi país, los desaparecidos políticos, los ángeles de la ciudad, aquellos que vienen a la cuidad durante una época y son pordioseros. Y, por otro lado, están estas novelas que ya son novelas más de ficción, como podrían ser Paseo de la reforma, Tínisima, aunque Tínisima está basada en la vida de una fotógrafa mexicana, y los cuentos del libro De noche vienes. Pero siempre, como soy periodista, hay una base de realidad, hay una base de verdad, porque yo creo que ningún escritor escribe en ficción pura. Siempre hay un personaje que lo marca a uno, que recuerda a uno lo que dice. Yo creo que uno siempre escribe ficción a partir de la realidad

 

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publicado por islanegra a las 14:23 · Sin comentarios  ·  Recomendar
 
06 de Septiembre, 2011 · General

La batalla de la comunicación

De los tanques mediáticos a la ciudadanía de la información


Luis Lazzaro

La batalla de la comunicación recopila artículos e investigaciones de Luis Lazzaro —periodista y funcionario vinculado a políticas comunicacionales— sobre el proceso de concentración de medios, concomitante a la globalización, que se dio en las últimas décadas del siglo XX, y sobre las resistencias sociales que reclamaron democratizar el sector a través de una ley como la que se promulgó en octubre de 2009 en Argentina.

Lazzaro parte de describir las operaciones de compra y las fusiones de empresas en el campo de las telecomunicaciones y lo audiovisual, en Argentina y el mundo, y señala los efectos de la desregulación del sector en los países centrales y la colonización del mercado audiovisual argentino, resultado del Tratado Comercial con EE.UU. firmado bajo el menemismo. Luego, da cuenta del proceso de conformación monopólica del sector mediático argentino bajo la égida del grupo Clarín, a la salida de la crisis 2001/2003, y de la disputa de poder político por parte de los conglomerados surgidos. El autor analiza los efectos semiológicos de los discursos producidos por esas nuevas corporaciones y su impacto en el sentido social y en la percepción de la realidad.

Pero Lazzaro también aborda las resistencias a estos procesos desde la política y la sociedad civil. La historia de las resistencias sociales y de los trabajadores de la comunicación, dice, mantuvo encendida una esperanza y coincidió con una histórica decisión desde la política: interpelar al discurso hegemónico y a los intereses corporativos de la concentración mediática. La trascendencia de esa decisión tomada por la Argentina a partir de 2008, en el marco de una movilización nacional por la democratización de la comunicación, abrió el camino para finalizar la tutela ideológica de la dictadura y del neoliberalismo sobre los dispositivos productores de opinión en democracia.

El autor

Luis Lazzaro (1955) es periodista e investigador en Comunicación. Realizó el posgrado Especialista en Educación, Lenguaje y Medios de la Universidad Nacional de San Martín y se desempeñó en numerosos puestos vinculados a políticas comunicacionales, como por ejemplo Coordinador de Contenidos del Sistema Nacional de Medios Públicos, Director de Fiscalización de Emisiones en el Comité Federal de Radiodifusión (COMFER), Gerente de Relaciones Institucionales de Canal 7, o Gerente General en la agencia de noticias TELAM.
Lazzaro ha sido, además, asesor de políticas de comunicación de organizaciones sociales y sindicales. Como periodista, fue Jefe de la Agencia Buenos Aires del diario La Capital de Rosario, y colaborador y columnista en diversos periódicos y publicaciones. Docente y profesor, ha sido invitado a diversos centros de estudios y universidades de la Argentina. Actualmente es coordinador General a/c de la Autoridad Federal de Servicios de Comunicación Audiovisual (AFSCA).

 

Fragmentos

"La era post-industrial terminó con la etapa romántica del periodismo. La información se ha desenganchado del dispositivo de la investigación periodística tradicional para convertirse en un producto de la distribución comunicacional, una unidad económica funcional y flexible que debe estar disponible en diversas industrias integradas por un lenguaje común: el audiovisual de base digital. Un lenguaje universal capaz de traducir todo a ceros y barras.

La escala necesaria para su materialización global implicó la crisis de los andamiajes regulatorios (barreras legislativas, mecanismos estatales de regulación, convenios regionales e internacionales, mecanismos de promoción internos, distribución federal, etc.) e incluso de los convenios laborales. Se trata de un nuevo orden económico y cultural, productor de un nuevo discurso de autoridad y portador de una nueva civilización.

En palabras de Kapuscinski, los “viejos idealistas del periodismo” han sido desplazados por hombres de negocios y “el media worker suplanta, frecuentemente, al periodista”"

(en el Capítulo 4: "El terrorismo global", p. 108 )

"Se ha escrito bastante sobre la captura por parte del grupo editorial Clarín de posiciones dominantes en la industria del papel primero (a partir de su control sobre Papel Prensa junto con La Nación y La Razón en complicidad con la Dictadura Militar) y luego la constitución del multimedios mediante privatizaciones y reformas ad hoc de la Ley de Radiodifusión que blanquearon el nuevo mapa de integración horizontal y vertical de sus empresas.

En cambio ha sido menos analizado el modo en que el desembarco de capitales norteamericanos y la puja por la convergencia audiovisual y telefónica instauraron en la Argentina el extraño fenómeno de convertir a un mercado marginal en el tercer país del mundo en penetración de la televisión paga."

(en el Capítulo 3: "El ajedrez norteamericano por el triple play", p. 63 )
 
Más información: www.colihue.com.ar
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Al margen
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